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La via della seta “artica”

C’è un costo dei cambiamenti climatici che nessuno aveva pensato probabilmente di mettere in conto. Lo potrebbero pagare, a livello economico, anche i porti del Mediteranno che vedranno ridursi il traffico merci dalla Cina a favore di quelli del Nord Europa. Ad aprire questa nuova via della seta, potrebbe essere proprio lo scioglimento dei ghiacci dell’Artico, liberando vie di navigazione finora precluse al traffico commerciale. 

Il governo cinese ha diffuso il primo libro bianco sull’Artico, dove svela il concetto di “via della seta polare”, un progetto di cooperazione internazionale nel quadro dell’iniziativa Belt and Road (BRI), il piano infrastrutturale da mille miliardi di dollari lanciato nel 2013 dal presidente cinese, Xi Jinping, per integrare Asia, Africa e Europa via terra e via mare. La Cina prevede che le gelide acque del nord possano diventare importanti rotte di trasporto per il commercio internazionale.

Con il graduale scioglimento dei ghiacci le navi cinesi, molto probabilmente, preferiranno raggiungere i porti del Nord Europa attraverso l’Oceano Artico, a discapito della rotta che percorre l’Oceano Indiano e passa attraverso il Canale di Suez. 

Le rotte polari consentono un risparmio di tempo stimato intorno al 25-30%. Questo nuovo passaggio potrebbe essere un problema per i porti del Mediterraneo, che dopo aver assunto una nuova centralità con il raddoppio del Canale di Suez, in futuro rischiano invece di perdere traffico. 

Navigare da Tokyo verso l’Europa attraverso l’Oceano Artico permette un risparmio di tempo del 40% rispetto all’altra rotta, risparmio che si riduce al 27% partendo da Shanghai. 

La convenienza delle rotte polari è maggiore per le regioni che si trovano al nord del Vietnam. I container che partono dalla Cina, Hong Kong inclusa, diretti in Europa centrale troveranno più conveniente viaggiare attraverso l’Oceano Artico. Dal punto di vista geopolitico il canale di Suez continuerebbe tuttavia a essere strategico per la Cina per ragioni di sicurezza. Ricordiamo comunque che l’influenza cinese in Africa si è rafforzata con l’apertura della base navale a Gibuti.[1]

I numeri dell’operazione

Dal 2012 al primo semestre dello scorso anno, la Cina ha investito 89,4 miliardi di dollari nello sviluppo dei ghiacci polari, confermando il proprio ruolo di primo piano nella regione[2]. Ha fondato nel 2003 una base di ricerca a Ny-Ålesund, nell’isola norvegese di Svalbard, la Yellow River Station e ha condotto 8 spedizioni scientifiche nell’Oceano Artico (numeri aggiornati al 2017). Proprio nel nord della Russia, inoltre, il dragone detiene uno degli asset più importanti nel circolo polare artico: una quota del 9,9% nei giacimenti di gas naturale liquefatto di Yamal.  

Il gas come possibile risorsa chiave

La scelta della rotta dipenderà anche, con buone probabilità, dalla tipologie delle merci trasportate. L’importanza del trasporto di materie prime potrebbe essere alla base dello sviluppo di questa nuova via, lungo la cui rotta a Norilsk, nella Siberia settentrionale, si trova il più grande deposito al mondo di elementi chimici di Norilsk-Talnach, e soprattutto gas dal nord della Russia.  

Il processo dello scioglimento dei ghiacci si potrebbe concludere entro il 2040-45

Sono due le rotte artiche per il passaggio delle merci: quella nota come “il passaggio a nord-est”, a nord della Russia, che permetterebbe di arrivare più velocemente al porto di Rotterdam oggi ci vogliono 48 giorni; e il passaggio a nord-ovest, che passa sopra il Canada. Lo scioglimento dei ghiacci è un processo lungo, si potrebbe concludere tra una trentina di anni, quando le rotte blu saranno commerciabili senza l’uso di navi rompighiaccio. Nelle acque più meridionali dell’Oceano artico, però, alcune rotte sono già oggi libere dai ghiacci. 


[1]Fonte dati: Artic Institute della Copenaghen Business School

[2]Fonte dati: AGI

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